POCHE POVERE POESIE (PER UNA PRESUNTA PANDEMIA)

 

Cavalli nel bosco - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Cavalli nel bosco – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

17 GENNAIO 2021,
DOMENICA DI COVID

Ti fai quasi violenza, per uscire,
prendere aria, fare quattro passi
(così ti prometti), ma poi magari
saranno quaranta. O quattromila.
Trovi nel bosco due donne a cavallo,
stesso posto, le stesse di giovedì sera.
Poi, La-Più-Bella cammina che quasi
non sembra toccare il sentiero,
accanto a quel campo di non sai
che cosa, ma forse parente (dice
la donna col cane) del ravizzone.
Triste è trovare, nel fitto più fitto
del bosco, che qualcuno, arrivato
fin qui, ha lasciato il suo segno.
Magari fosse soltanto una merda!
E un cane ti segue, vorresti pisciare;
un fischio, una voce, e lui sparisce.
Ora puoi irrorare quei mori dormienti.
E il sole che indugia, che sembra non
voglia cadere, stasera, tardare per te.
Stupisci, sorpreso gioisci quest’oggi
che ancora la gente, almeno qualcuno
(ma no, più di uno, sono in tanti!) chi
saluta e sorride, chi ti parla perfino.
Di cose normali: del tempo, del campo,
betulle cadute, di timidi segni, i primi,
di primavera, forse precoce quest’anno.
Ci vuole ben altro che un virus, mi pare,
per annientare spiriti che non fossero già
compromessi, del tutto spenti, da prima …

 

LA COLLINA DEI CONIGLI

Non ne vedo uno, oggi, ma è forse
troppo presto, o forse i residenti
hanno sentito il nibbio: meglio
stare lontani da quegli artigli
abili, assassini spietati e rapidi.
Mi butta giù dal colle il vento,
gelido, regalo di strano marzo.
Dove finisce il bosco di betulle
e iniziano, da una parte i vasti
campi, dall’altra la brughiera,
rompe il silenzio, solo di tanto
in tanto, cornacchia solitaria.

Poi sento solo il vento: leggero,
qui, sussurra tra gli alti pini e
le cocciute foglie, da lungo tempo
morte, che però ancora reggono
sul filo spinato di dormienti mori.
Nella brughiera incontro, caso
strano, una sparuta allodola, che
ai miei passi spicca veloce il
volo e subito è su alta, ormai
quasi invisibile; indifferente,
sembra, al sole, latitante oggi;
alle pandemie e progetti folli
di mutare tutto questo in un
campo da gioco per stupidi,
arroganti, obesi milionari.

Ritorno dentro il bosco e
sul limitare ascolto il picchio,
cinciallegre, merli, cardellini,
rampichini comuni e cince more.
“Ma vai a camminare per ore ed
ore, tutto solo?” -“Ti pare che io
davvero fossi solo? Prova un po’
a rileggere cosa ho scritto sopra!”

 

THE GREAT RESET
(L’Azzeramento Totale)

Noam aveva ragione,
lui, Grande Profeta!
Ai popoli viene mentito,
spudoratamente, e poi
quei popoli stavano
troppo bene, immersi
in acque balsamiche,
tiepide o appena calde
come un abbraccio.
Ma era un amplesso
di mantide femmina,
che ora, vorace divora
le rane, precotte a puntino,
ignare di tutto e perfino
felici davvero di essere tali;
mentre pasciuti, cinici,
incompetenti, venduti,
indifferenti e dannati
politicanti giocano ancora
ad insulsi giochini a colori,
con pedine che siamo noi
tutti, in questo immenso,
nuovissimo lager globale,
immersi nel brodo di Chomsky!

 

TRISTE FAVOLETTA ASSAI SINISTRA
(Limerick per i tempi folli del Covid)

La strega malefica, che solo sembra gentile,
offre, tutta sorridente, ai pecoroni dell’ovile,
magnifiche mele, rosse, gialle e succose,
che a tutti doneranno cure assai miracolose!
Accetta dunque grato il gregge, muto e servile.

 

LA NUOVA GUERRA TRA I POVERI
Ovvero: Quando il malevolo si mostra
benevolo e (quasi) tutti gli credono

Vi è in circolazione un virus pernicioso
che non è quello su cui pontificano tutti,
non è quello di cui troppi sono ormai
terrorizzati, ma proprio da schiattarne.
Si chiama invece Sospetto, Diffidenza,
Malafede, Cattiveria, Egocentrismo: sì,
di nomi ne avrebbe davvero in quantità!
I suoi sintomi sono sempre assai palesi,
tra i quali anche far sì che il fraterno amico,
o il gentilissimo vicino di casa da una vita
diventi all’improvviso (per grande maleficio
di stregoni remoti ma non troppo ignoti),
soltanto perché usa il proprio di cervello,
rifiutando un cocktail misterioso, del tutto
degno delle simpatiche streghe di Macbeth,
diventi lui il temibilissimo nemico contro cui
scagliarsi, ad ogni opportunità che si presenti,
credendo invece ad ogni favola dei fattucchieri
e, anzi, difendendoli perfino a spada tratta,
quasi fossero loro i nostri promessi messìa!!

 

RILUTTANTE RIENTRO AL CAMPO BASE

Oggi mi salutano, chiassose,
le mie gazze: Ben torni omai,
sembrano volermi gridare!
E i miei rondoni, gioiosi,
rattoppano sparse nuvole
che il vento ha appena strapazzate.
Mi fa festa, nella sua carrozzina,
il vecchio Günther e i miei gerani
sono sopravissuti alla siccità.
Nemmeno i passeri mi hanno
ancora abbandonato, benché
siano tutte esaurite le scorte
del mio ristorante aviario.
Fuori, scorazzano su monopattini
elettrici i nuovi zombie di questa
tragica era post-post-moderna,
loro che tra non molto saranno
del tutto incapaci, oltre di pensare,
anche di camminare, però convinti
di salvare in questo modo il Pianeta,
mentre invece estinguono soltanto
se stessi, la propria anima umana.
L’ascensore grande è di nuovo rotto
e qualche pazzo ha di nuovo sputato
su tutta la pulsantiera di quell’altro.
Ora è proibito tenere la bici in corridoio
e mi hanno perfino aumentato l’affitto.
Di nuovo da solo, mi trovo a pensare
se è così che davvero voglio vivere
il resto dei miei giorni ormai contati,
in questa ennesima, sia pure accogliente,
nuova patria di adozione recente.

 

INCUBI POST-POSTMODERNI,
MAGARI POSTUMANISTICI

“Ma il vento che fischia negli orecchi
non fa sentire la voce dei pensieri!”
Cosi scriveva allora in Cornovaglia,
patria di pirati e di re Artù, dove
però non “trasecolò nella boscaglia”,
né vide passare “uomini tutti ferro”,
quelli che oggi sogna troppo spesso:
antesignani d’inevitabile apocalisse.
E il rumore che oggi non fa sentire
né i pensieri né la voce del proprio
cuore è il forte frastuono, incessante,
acufene senza rimedio né scampo,
di una dannata diabolica propaganda,
efficace invasivo strumento mediatico
di satanici piani mondialisti miranti
a distruggere l’Essere Umano, per farne
una mera entità tecno-biologica, senza
cervello né anima, da mandare ovunque
si voglia, oppure spegnere a piacimento.
“Ed è subito sera”, come qualcuno scrisse!

 

POVERO POPOLO DI PONGO!

Da sotto un noce più vecchio di me,
ammiro, lontani, i miei cari monti,
mentre il cane riposa nell’ombra.
A guardarli quei monti, potrebbe
sembrare che il mondo sia quello
che è sempre stato, immutato, ma
non è così, purtroppo, oggi non più.
I monti di certo, sono sempre uguali
a se stessi, loro, con qualche frana
magari, piccoli cedimenti sporadici.
Chi è crollato è il popolo italico, che
già fu grande, ombelico del mondo,
culla di civiltà invidiata da tutti,
ma ormai sembra fatto di pongo,
malleabile ad libitum da malefici
artigli di mostri predoni, satanici!
«Les jeux sont faits!» come diceva
a Lugano l’alto, elegante croupier.
«Rien ne va plus!» Ma proprio mai più.

 

POSTOPERATORIO PRENATALIZIO

Claudicante, ti trovi a vagare
per larghi viali deserti, dove
tracce sparute di neve, tenaci,
resistono a un sole svogliato;
come le foglie, ormai assai rare,
di certi alberetti e cespugli.
Tra i rami, qua e là, vociano
in basso, garrule, vere brigate
di passeri, allegre, mentre su,
molto più in alto, petulanti,
schiamazzano forte le gazze
e stonano rauche cornacchie.
Tra poco è Natale – rifletto – ma
Natale, oggi, che cosa vuol dire?
Quale sarebbe la Buona Novella?
Potrebbe bastare la timida gioia
di essere vivo, forse quasi rinato,
insieme al messianico Bimbo.
Sebbene la Morte sarebbe stata
ben poca cosa, purché avesse avuto
i tuoi occhi, come diceva Cesare.

 

FORSE, IN BARBA A TUTTO,
DI NUOVO UNA PRIMAVERA!

Silvia atricapilla (sì, la capinera)
è ritornata anche lei a cantare
nel roveto sulla riva del Piave,
dove le pecore hanno lasciato
tracce del loro vello sull’erba.
Altrove, non bene identificato,
sul tarassaco ormai già fiorito,
un altro uccello ci ha lasciato
le penne, vittima forse di gheppio.
All’imbrunire, stormi sterminati
di gabbiani comuni, già vestiti
in livrea nera dei mesi estivi,
rientrano da lunghe abbuffate
sul greto tutto secco del fiume,
dove trote imprigionate finiscono
boccheggiando in grandi pozze
la loro vita in acque putrefatte,
oppure in campi da poco arati,
dove abbondano menù variegati.
Qualche sparuto rondone ritorna
a ricucire, veloce, nuvole di pioggia;
e le tortore temono il rapace, che
giorni addietro rapì una parente.
Il merlo, che ha la prole nell’alloro,
grida l’allarme al subito avvicinarsi
del mio cane, del tutto inconsapevole.
Mi sorprendo, perché ritorno a sognare!

 

SVEZZATO DAI VIRUS

Dopo la pioggia, la Luna
ritorna a parlare: ripete
le storie di sempre, che
già da bambino sentivo,
quando, ad ali aperte,
ancora sognavo, ingenuo,
innocente, ma vispo
uccelletto caduto dal nido.

Intanto, dannati idolatri
di sieri spacciati per dei
narrano ben altre storie,
favole belle – no, brutte! –
di mondi “migliori”, dove
l’umano sarà bestia più
bestia di tutte, spogliato
nudo di spirito ed anima,
con cervello da tempo
ormai riprogrammato.

Ingenuo di nuovo io,
illuso magari, sognante,
eretico, sì, miscredente,
controcorrente, pagano
senza speranza alcuna,
adoro di nuovo … la Luna!

 

IL BALLO IN MASCHERA
(SOTTO LE FRONDE DEI SALICI)

“E come potevamo noi cantare …”
Così scriveva allora Salvatore,
ma oggi non è cambiato nulla,
poiché al timone rimane sempre
quello: il bieco, bécero invasore!
Che ancora cerca di convincerci
che solo la rovina è il nostro bene
e che bisogna punturarsi senza
tregua, per continuare a danzare
mascherati questa folle danza,
su passi molto ben coreografati
da pazzi criminali non eletti,
che vogliono trasformarci tutti
in meri fantocci senza spirito,
solo pupazzi, burattini, o pupi
siciliani, da poter manovrare
poi a piacimento, all’infinito.
Per mantenere alta la tensione,
elicotteri e cacciabombardieri
insistono a dilaniarci i cieli,
confondendo capinere e codirossi.
Ma esistono e resistono ancora,
in mezzo al gregge sottomesso,
poche pecore nere e rivoltose,
pronte a sfidare i feroci cani
dei padroni, più che pastori,
macellai, disposti ad immolare
interi popoli su altari di nuovi,
ben saputi e assai dannati dei!

 

PERSO TRA USIGNOLI E CAPINERE
Alla Piave e un’Amante

Mentre attende la pioggia promessa,
il boschetto cinguetta e gorgheggia,
questa macchia precaria che il fiume,
inesorabile, un giorno si porterà via;
questo nostro, grande, storico fiume
di battaglie spietate, di dolci leggende,
che i fascisti già vollero maschio, ma
che sempre fu madre o sorella, mai
padre, fratello o padrone, né amico.
Così nel suo letto incontro la tenera
amante, il mio Grande Amore di sempre:
amore forse incestuoso questo nostro,
perché lei è la Madre di tutte le Madri,
colei che mai ti tradisce, né delude, né
promette per non mantenere, né mente!
Con o senza vaccini, ti accoglie sempre,
come un cane ti accetta semplicemente
per quello che sei, chiunque tu possa
essere, o perfino solo far finta di essere.
Generosa, ti abbraccia, ristora e rincuora,
ti rigenera, carica, energizza, elettrizza;
ma poi anche ti calma, accarezza, rilassa,
ti abbraccia e ti bacia, ti coccola; insomma,
è un’amante perfetta, senza un confronto,
e sempre sarà la mia amica migliore:
Natura!

 

Cane al tramonto - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Cane al tramonto – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 
 
 

Prezioso Visitatore che mi leggi, un breve commento, anche solo un saluto, non ti costa che un piccolissimo sforzo, però farà un enorme piacere a me, quando lo leggerò! Grazie di cuore!!   :O)

 

Copyright © 2022 Guido Comin PoetaMatusèl – Belluno, Italy. All rights reserved.

 

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LE MUSE SVEGLIANO TROPPO PRESTO!

 

Qualche sparuta tortora - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Qualche sparuta tortora – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

A Martina

 

Il nibbio ancora non si fa vivo, né
i rondoni pazzerelli, che zigzagando
trafiggono questo mio stanco cuore,
strapazzandolo come le mie uova al
pomodoro che Tu apprezzasti, tra un
“no”, un “ma” e un sorriso assai dolce.
Stamani solo aeroplani, che cupe nubi
mi nascondono ma non all’udito, e poi
quelle pettegole, rauche cornacchie, e
i miei passeri che vivono nei fori della
muratura e qualche sparuta tortora;
nonché, tra i due tappeti di grano, un
cane, che porta a spasso il suo padrone.
Ma in compenso ci sei Tu, eccome ci sei,
Tu che piacevolmente mi scombussoli
un’esistenza un po’ troppo ordinata,
Tu che porti una raffica d’aria fresca
a spazzare via le ragnatele dalla mente!
Tu, di cui molto presto dovrò purtroppo
imparare nuovamente a fare a meno…

 

 

Tappeti di grano - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Tappeti di grano – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

 

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LE MUSE SVEGLIANO TROPPO PRESTO!

 
 
 

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Copyright © 2019 Guido Comin PoetaMatusèl – Belluno, Italy. All rights reserved.

 

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ALL’ ALBA ABBONDANO PENSIERI

 

Prato che attende la rugiada - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Prato che attende la rugiada – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

A Martina

 

Alle 4 e 44, il sole mi sveglia di botto,
sebbene lui stesso non proprio sveglio
del tutto; e cornacchie non gridano,
sotto le nubi, ma volano placide;
e ancora i rondoni non tessono
trame impazzite nei cieli e tuttora
tacciono i garruli passeri, ancora
invisibili. Manca ormai poco, e
trepido attendo quel treno che presto
ti porta da me. Ti attendo come…
un bimbo il Natale, il prato la tenue
rugiada, la madre che in grembo
si porta un bambino. Eppure Tu sei,
nel pensiero, arrivata da giorni,
perché, come dici, il pensiero viaggia.
Però tutto ciò sarebbe quasi un’esagerazione:
perché Tu né mia donna, né figlia, né amante
sei! Ma forse già Amica – sebbene ante litteram.

 

 

Ragazza in attesa - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Ragazza in attesa – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

 

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ALL’ALBA ABBONDANO PENSIERI

 
 
 

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DER ALTE NARR * IL VECCHIO FOLLE

 

Durch die nasse, kalte Stadt - Bild Guido Comin PoetaMatusèl

Durch die nasse, kalte Stadt … – Bild Guido Comin PoetaMatusèl

 

(Um Natalie
zu amüsieren!)

 

Er schleppt seine müden Knochen
durch die nasse, kalte Stadt, für ihn
neue Mutter schon geworden; denn
Waise war er immer, obwohl weise
noch gar nicht. Ansonsten hätte er
sogar vor dem Anfang mit dieser
Träumerei aufhören können, nein,
besser: müssen! Er ist zwar ein
alter Narr, doch weiß er ganz genau,
dass manche Sterne zu weit entfernt
und viel zu brennend jung sind, für
alten, grauen, sterbenden Planeten.

 

* * *

 

(Per divertire Natalie!)

 

Trascina le ossa stanche per
tutta la città, piovosa e fredda,
che già gli fa da madre; perché
lui sì, da sempre orfano, saggio
neanche un poco, fino ad ora.
Se lo fosse, l’avrebbe smessa,
prima ancora di cominciare,
con questo assurdo sogno. E
sarebbe davvero atto dovuto!
Ma lui è un vecchio folle,
benché sappia troppo bene che
certe stelle troppo remote sono
e troppo ardentemente giovani,
per vecchi pianeti grigi, ormai
in estinzione …

 

 

Der alte Narr - Bild Guido Comin PoetaMatusèl

Der alte Narr, vielleicht – Bild Guido Comin PoetaMatusèl

 

 

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DER ALTE NARR

 

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IL VECCHIO FOLLE

 
 
 

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MATTINO DI GIUGNO, QUALUNQUE *** ANY GIVEN MORNING IN JUNE

 

 

MATTINO DI GIUGNO, QUALUNQUE

Chiome di bionde ragazze nel tiepido sole,
mentre torri petulanti insistono con orologi
a scandire un tempo che non esiste, in realtà,
se non nelle teste a ingranaggi di automi che,
programmati alla Chaplin, felici viaggiano
in casse da morto di latta d’acciaio, su ruote.

Andando anche oggi a creare più ricchezza
per grassi nababbi non natalizi, straricchi
da far scoppiare d’invidia un Paperon de’
Paperoni, ma molto più comici loro, senza
nemmeno potersene accorgere – anch’essi
dei meri automi, solo macchine per fare soldi.
Mentre invece milioni-miliardi fanno la fame.

Eppure, in mezzo alle insipide salme-sardine,
ancora resistono/esistono, improbabili, angeli!

 
 

ANY GIVEN MORNING IN JUNE

Fair maidens’ manes in the lukewarm sun,
towers insistently nagging with clocks,
ticking away a time actually inexistent,
except in clockwork heads of robots, that,
programmed Chaplin-fashion, happily travel
in steel cans intended as coffins on wheels.

Like all other days, to create yet more wealth
for fat unchristmassy Santas, so rich as to make
old Scrooge McDuck simply die of sheer envy.
Only more comical they, not even capable
of seeing this, themselves mere robots, or
money-making machines, while millions or
billions quietly hunger, forgotten, to death.

Yet, in the midst of those corpses decaying,
improbable angels still exist – or only resist!

 
 

 

 

AUDIO * FILE * AUDIO PoetaMatusèl legge
MATTINO DI GIUGNO, QUALUNQUE

 

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ANY GIVEN MORNING IN JUNE

 
 
 

  

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