TRA PIOPPI, GINKGO E BETULLE

 

Nuvole, come panna montata a casaccio - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Nuvole, come panna montata a casaccio – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

A Silva

 

Stasera ti cerco tra nuvole
di panna montata a casaccio,
tra foglie che il vento disperde;
e intanto penso a quei magici
passi tra cani, capre e cavalli.

O ancora ti cerco tra foglie
morte che molto bene conosco
e tra quelle, ancor verdi ma
anche ingiallite, del ginkgo,
che, sacro, fu l’albero nostro,
ormai sconsacrato anche lui.

Oppure ti cerco tra quelle
pochissime foglie rimaste,
assai precarie, su rami secchi.
Però laggiù, oltre il fiume,
dalla parte che fu quella “giusta”
(dove prima era l’Ovest),
il tiepido sole è sparito già.
Troppo tardi per oggi, ma
forse, chissà che domani non
torni e non porti anche Te?

A casa, scopro assassini che,
a tradimento, hanno abbattuto
le miti betulle che dondolavano
liete le molli chiome sotto le
mie altrimenti tristi finestre!
Le betulle che sanno di storie
di scaltre volpi e lesti conigli,
quando chiari di luna eccessivi
tradiscono tutti, nel sapido vento.

Allora ricordo un simile stupro
di sogni di pioppi, da bambino,
quando tutto sembrò perduto,
in quel grigio, mesto mattino;
come sembra anche oggi, eppure ……

 

 

Precarietà su rami secchi - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Precarietà su rami secchi – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

 

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TRA PIOPPI, GINKGO E BETULLE

 
 
 

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FORSE MENO TESTARDA LA PIETRA

 

Anime urlano fra le betulle - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Anime urlano fra le betulle – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

Fuori, tempo da lupi, che qui non ci sono,
ma ulula il vento dal nord, che sembra
il lamento di anime perse, troppo dannate.
E a volte ti sembra perfino di non sapere
non solo perché sei dove sei, ma dove
sia quel dove-ti-trovi, sperduto anche tu
come quelle fasulle anime, che tra fronde
di molli betulle ti urlano ancora la notte
e a poco servono i tappi di cera, visto
che l’urlo o ululato ti viene da dentro.
Allora che fai, prenderai decisioni epocali,
partirai per quell’ultimo viaggio, magari
inutillimo, come tante altre cose che tu,
illudendoti, ancora intraprendi? Perché
Testa di Pietra era un eroe di fanciullesche
grandi avventure, lette, rilette e poi ricreate;
ma una testa-di-pietra sai anche essere tu,
quando a nessun costo ti arrendi davanti
alla fin troppo ovvia realtà di ciò che ormai
non esiste, non c’è più, è morto e sepolto!

 

 

Notte senza lupi - Foto Guido Comin PoetaMatusèl

Notte senza lupi – Foto Guido Comin PoetaMatusèl

 

 

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FORSE MENO TESTARDA LA PIETRA

 
 
 

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QUANDO IL VENTO DA OVEST PIÙ FORTE…

 

 

Quando il vento da ovest
più forte sui vetri
di una precaria finestra
insistente mi picchia,
mentre giovani idioti
già assai promettenti
terrorizzano fauna e
distruggono flora, con
insulsi terrificanti
inutili assurdi petardi
(magari se li mettessero
su per il culo!) …
rivedo in flashback
i molti episodi salienti
di questa mia vita piena
ed assai variegata,
proprio come quell’infausto
giorno che stavo
quasi per annegare,
in piscina, ma fui salvato
da angeli, muscoli pieni;
poche le immagini allora
(la vita non era iniziata
da vent’anni).
Ora invece la pellicola
è lunga e andrebbe
montata da mani sapienti,
che possano fare
di un film troppo lungo
e noioso un ottimo
cortometraggio che
piaccia a qualcuno,
a me soprattutto,
primo attore e regista
di questa farsa non
sempre soddisfacente.
E mi chiedo, nel chiudere
l’annus horribilis,
quale maschera nuova
mi tocchi indossare,
per piacere e per compiacere,
rinnegando me stesso e mia madre,
per una sopravvivenza
non necessariamente
voluta né desiderata.

 

 

 

 

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QUANDO IL VENTO DA OVEST PIÙ FORTE…

 
 
 

  

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STRANA NOTTE DI VERSO FINE MAGGIO

 

 

A    M.

 

Di fuori, stasera, un tanfo tremendo:
forse hanno aperto di nuovo le stalle.
E forse è il profumo della campagna,
perché tutto dipende da come stiamo.
La luna oramai non è già più piena
e perseveranti falene rischiano meno
alla tiepida luce del vecchio tavolo,
che in voli, pur liberi, di pipistrelli!
Fra i miei cento vani pensieri confusi,
uno non vuole lasciarmi, come quelle
caparbie falene che ancora svolazzano
là, intorno a quel lume; senza senso,
come loro, si accanisce, mi bussa alla
porta del senno, che nega di aprirgli.
Preferisco pensare se tutti vivranno
i miei piccoli merli, in giardino, e poi
mi chiedo se di nuovo passeggi quel
giovane riccio inesperto, là fuori, ma
mi trattiene un altro bicchiere di Franc.
Vorrei che potessi essere Tu quel sogno
nuovo e stupendo che possa salvarmi,
ma, se un sogno, sei un sogno del tutto
proibito e non solo per troppi anni che
ci disuniscono, ma perché – soprattutto –
venti diversi ci portano verso mete a noi
del tutto ignote e, per entrambi, remote!

 

 

 

 

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STRANA NOTTE DI VERSO FINE MAGGIO

 
 
 

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BORA DI GIORNI BEATI

 

 

A Norma V.

 

Il vento dell’est questa notte,
che sferza con cavi pennoni,
facendoli urlare di rabbia,
ricorda notti molto lontane
vegliate nel porto, a Trieste,
quando la bora incessante
spazzava l’Androna Baciocchi.
Anime in pena di monsignori
pullulavano in vuoti passaggi;
io sognavo biondissime figlie
di capitani di lungo corso;
e che il mondo prendesse
davvero una rotta migliore.
Oggi, i sogni ormai restano
rari e la vita si è ripresentata
di nuovo coi panni di prima:
una sera di semplice serenità
può consistere nel modestissimo
piacere di trastullarsi a suonare
per docili cigni e furbi gabbiani
– in cima ad un molo ventoso –
un’armonica, seduto su massi,
loro del tutto impassibili e muti.

 

 

 

 

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BORA DI GIORNI BEATI

 

 

 
 
 
 

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