STAVAMO MEGLIO QUANDO…

 

 

Passo per i paesi a radio spenta,
per meglio sentire voci del passato,
ma più non odo voci di monelli che
schiamazzano per strada, oppure
tramano, pianificano le prossime
bravate o marachelle – nostrani
Huck o Tom, ma di ben altri tempi.
Quando tutto sembrava ancora assai
normale; e una gita scolastica portava
a riassaporare i profumi di latteria, tra
vasche di rame e presse da formaggio;
quando a scuola si andava solo a piedi,
con pioggia, vento o neve, e poi la stufa
calda e le pantofole; e Natale sembrava
non arrivare mai; e possedere infine la
sognata bicicletta era davvero la Felicità.
Eravamo apprendisti stregoni, tutti quanti,
e il futuro non sarebbe mai venuto e forse
(fortuna nostra!) nemmeno la pleistèscion…

 

 

 

 

PoetaMatusèl legge
STAVAMO MEGLIO QUANDO…

 
 
 
 
 

  

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NON PIOVE SUL PINETO!

 

 

Dedicata a me stesso

 

E pioggia viene giù, sì, oggi piove,
ma non su tamerici salmastre ed arse,
né su montaliani crochi o limoni; piove
sul mio ginkgo monco, sull’acero
rosso e le primule spente, su tutto ciò
che tra poco non sarà più mio. Così,
tanto per rincarare la dose, ora rovine
di vita sono anche fradice di tiepida
acida pioggia; una pioggia che è stata
un tempo a volte persino gioiosa, amica,
compagna di gite solinghe in montagna.
Ma oggi mi satura l’anima soltanto di
tristi pensieri, i più dannati, i più tetri.
“The going is heavy” – come dicono,
in ippica, nel mio Paese, quello più vero.

 

 

*   ‘L’andare (cioè il fondo) è pesante’
è un’espressione usata nelle corse dei cavalli,
per indicare condizioni di pista satura di pioggia,
che penalizzano certi cavalli, favorendone altri.

 

 

 

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NON PIOVE SUL PINETO!

 

 

 
 
 

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DALLE NUBI, NON SOLO TEMPESTE

 

 

A   Gi

 

Imperversano ancora tremende tempeste,
non vedo tregua tra scure, profetiche nubi.
Oggi perfino lo storno sul tetto non fiata,
mi guarda soltanto, forse è lui che sa tutto.
Io di sicuro ben poco, magari atte formule
montaliane, da cui partire, sapendo almeno
che cosa non siamo, o cosa non vogliamo.

 

Mi sento parecchio come un certo signore
francese, su atolli remoti a morire d’inedia,
occhi bassi e le braccia conserte a pensare
alla gloria perduta, alle vite fulgenti passate.

 

Ma poi da medesime, tempestosissime nubi,
scendi anche Tu, solo quanto basta: quella
tua mano pietosa, insieme ai bellissimi occhi,
per elevarmi a ben altre sfere, dove nulla di
questo dannato sfacelo – marasma infernale –
può toccarmi, né ora né mai, perché scopro
che nuove, fatidiche Donne Angelo esistono!

 

 

 

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DALLE NUBI, NON SOLO TEMPESTE

 

 

 

 
 
 
 

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DI SOGNI, FORSE, SI PUÒ VIVERE!

 

 

A   Gi

 

Non hanno piantato, quest’anno, il ravizzone,
in quel campo che tanto invitava a sognare,
dove oggi invece appare solo desolazione.
Perché non si vedono né garzette né aironi
e tutto sembra solo spoglio e senza senso,
vuoto e insignificante in questi tristi giorni,
dopo la meraviglia di averti avuta accanto.
Si potrebbe forse anche vivere solo di ricordi,
se quei ricordi fossero tutti fatti di strette calli;
e chiassosi gabbiani in cima a pali; e tanto odiati
piccioni un poco ovunque; e la pioggerella
che non doveva bagnare libri; e la tua amica
per un momento una musulmana; e poi canali
dove leggere nei tuoi pensieri; e la tua voce,
sempre allegra e canterina; e la risata, fresca,
giovane, rallegrante; e quel sorriso, che regali
a tutti quanti; e quei tuoi occhi, completamente
indimenticabili! Allora forse basterebbe tutto
questo a continuare ancora a vivere veramente.

 

 

 

 

PoetaMatusèl legge
DI SOGNI, FORSE, SI PUÒ VIVERE!

 

 

 

 
 
 
 
 

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L’UOMO ERA PER TUTTE LE STAGIONI

 

 

Voi le ricordate le stagioni? Quando, ai bei tempi,
dipinti di Natura scandivano il passare della Vita?

L’autunno era il ritorno, indesiderato, nella scuola,
però ci consolavano gustosissime, grandi castagnate,
e le pannocchie, arrostite sulla brace, e traversate
di provvisori laghi nella pioggia, con gli stivali pieni.

L’inverno era la gioia della neve, slittini e ‘musse’,   *
palle e pupazzi ilari, da salutare prima di dormire;
la trepida attesa del Natale, il muschio del presepe;
grandi silenzi fatti di ovatta, e geloni a mani e piedi.

La primavera era, innanzitutto, la grande gioia di
non dovere più indossare dannate maglie di lana
che mordevano la nostra pelle delicata di bambini;
ma anche il verde tenero, che rispuntava ovunque.

E poi l’estate, di nuovo, finalmente, stagione di
cento folli giochi inventati con poco, quasi nulla:
corse ciclistiche coi tappi corona in cima ai muri,
caccia alle miti nottole, per poi lasciarle andare.

Oggi, senza stagioni, l’Uomo disorientato non sa
più cosa-dove-come-quando fare quello che deve,
o che dovrebbe fare, e vaga sulla faccia della Terra,
pellegrino senza scopo di cammino, né meta, né Dio!

 

*   Grandi slitte, trainate a mano, per trasportare legna, fieno, etc.

 

 

PoetaMatusèl legge
L’UOMO ERA PER TUTTE LE STAGIONI

 

 

 
 
 
 

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