PER SALVARCI, BASTEREBBE …

 

 

A Silva

 

Camminavamo quasi all’unisono noi due,
per strade poco percorse da troppi altri,
pur non tenendoci nemmeno per la mano,
che tanto non serviva, perché quella bestia
pelosa stava sempre lei fra noi e ci legava.
Poi, mentre raccoglievi lungo siepi di viole
le tue erbe selvatiche, io invece fotografavo.
Sembrava che nulla potesse mai separarci,
ma, non so dove, ci siamo forse addentrati
in un fitto bosco, con troppi bivi ed incroci;
e là, senza nemmeno potercene accorgere,
abbiamo preso due direzioni assai diverse.
Forse ora dovremmo provare a ripercorrere
quel sentiero, per ritrovare il bivio fatidico,
però è questo un percorso da rifare in due
e invece oggi mi ritrovo a vagare da solo
per un bosco che purtroppo non riconosco.
Eppure un merlo, canzonatorio, mi rallegra!

 

 

 

 

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PER SALVARCI, BASTEREBBE …

 
 
 
 

  

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È QUEL ‘SE’ IL GRANDE ‘IF’

 

 

A   Gi

 

Se Tu sapessi come i fiori di pesco
s’inchinano tutti al mio passaggio,
quando Tu, assente, mi accompagni …

 

Se Tu sentissi quanto è dolce il canto
di questo merlo che già ci riconosce,
se lo saluto in un’alba troppo precoce …

 

Se Tu vedessi come il mio essere esulta,
in presenza d’un fruscio impercettibile
di rami che mi accarezzano nella brezza …

 

Se Tu capissi perché tutto questo conta,
fa la differenza tra l’Essere e il Non-essere,
forse e soltanto allora anche Tu potresti …

 

 

 

 

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È QUEL ‘SE’ IL GRANDE ‘IF’

 
 
 
 
 
 

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SVEGLIARSI DAVVERO CONTROVOGLIA

 

 

Alle 4 e 30 i merli intentano già un’aubade,
ma io preferirei non destarmi da questo
torpore quasi oppiaceo, indotto, per non
iniziare anche oggi a pensare ad un mondo
che va sempre peggio, dove ancora bambini
possono scegliere tra un morire annegati
oppure di fame; dove dannati nazionalisti
erigono muri e recinti; dove le ruspe fanno
tabula rasa di immani macerie di sogni;
dove ancora piovono bombe, anziché caramelle,
e politici benestanti (guarda caso!) comprano
uteri come io indispensabili mutande nuove …
Preferirei ancora sognare dolci, esotici occhi
che mi attendono all’ombra di freschi palmizi,
in un’oasi provvidenziale, nel mezzo del nulla.
Ma Turdus merula, petulante, insiste e ricorda
che sono io stesso un migrante: urge, pertanto,
ripartire! Non vi è, ormai, altra cosa da fare.

 

 

 

 

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SVEGLIARSI DAVVERO CONTROVOGLIA

 
 
 
 

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TENERA MATTINATA TRENTINA

 

 

Scorgo, tra i rami, un nido di corvo,
ora che foglie si fanno più rade.
Pigra svolazza tra viti una gazza
e un unico merlo saluta il mattino.
La valle è fresca di nuvole lievi
e il cuore leggero, per buone parole.
Il corpo acciaccato accetta lo scambio,
non equo, ma tutto a favore dell’anima.
La strada m’invita a un discendere facile,
ma io, se pur vecchio, un falco rimango
e tuttora anelo, piuttosto, alle nuvole alte,
che, tiepido, il sole non penetra ancora.
Per attimi sapidi, magici, quasi beati,
mi mancano solo cascate di riccioli!

 

 

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TENERA MATTINATA TRENTINA

 

 

 

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PRECARIETÀ DI NOVEMBRE

 

Oggi c’è odore di morte nell’aria.
E il grido di allarme del merlo
mi richiama a questa, la cruda realtà.
Lui ha intravvisto un enorme gatto,
in agguato sotto la siepe di alloro.
Che faccio, il … deus-ex-machina?
Spavento il gatto? È bello sognare,
ma domani potrei, come il gatto
o il merlo tra poco – una notte gelata –
morire anch’io. In silenzio. Di fame.

 

 

     

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