MARE NOSTRUM? LA NOSTRA VERGOGNA!

 

 

Dedicata ai troppi Bimbi
annegati nel Mediterraneo

 

Non è la stanchezza, è l’afa che uccide i pensieri,
oppure risveglia i peggiori, sopiti da lungo tempo.
Domani è un altro giorno, ma non uno qualunque.
Io nell’attesa mi faccio un fresco gelato al limone!
Quarto piano, terrazza, vecchia sdraio. Regalata.
Guardo il cielo, aspettando la pioggia, ma nuvole
sparse promettono poco, a quest’ora, quando i lesti
gabbiani riposano ormai e la musica arriva quassù
dal bar dove tu stai con coloro che tu chiami amici.
E il vento dall’ovest è muto di urla di bimbi felici,
che cavalcano enormi altalene e mangiano sabbia;
mentre bimbi diversi non gridano né grideranno
mai più, in questo mondo schifoso, da cui certo
dovrebbero arrivare alle stelle le urla di popoli
interi, che gridassero a squarciagola all’unisono,
verso dèi noncuranti che tacciono ad oltranza,
un’unica forte parola, otto chiarissime lettere:
VERGOGNA! VERGOGNA! VERGOGNA!

 

 

 

 

PoetaMatusèl legge
MARE NOSTRUM? LA NOSTRA VERGOGNA!

 
 
 
 

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AUTUNNALE FARNETICARE

 

… E ripasso sul Piave
e penso ad acque diverse,
che potresti anche essere Tu,
ma saresti un’acqua
purificatrice, come quei sacri
fiumi dell’Hindustàn.
Allora, potrei forse
anch’io sublimarmi, come
un saggio aborigeno in tempi
non tanto lontani.

Fuggono, sulla sinistra,
ulivi a famiglie e cipressi
stipati; e nei prati di certo
futuri ma ignoti raccolti,
che sembrano foglie di pioppo,
però troppo bassi.
E il cuore, che incerto rimane:
se andare o restare.

E passo sui campi arati
di fresco, già pronti
per dare un bel pasto
ai chiassosi gabbiani;
e case che un tempo
sentivano grida di bimbi
e panciute massaie con
piccole mani sui fianchi.

E passo vigneti ormai
depredati dei grappoli,
dall’uomo o meccanici
ordigni o da grandine;
e trovo gli aironi sui
soliti fossi di sempre
e garzette, snelle scolte
vestite di bianco.

È quasi il tramonto
di un giorno sprecato
da politici infami, famelici,
che ci spingono inesorabilmente
dentro il malefico baratro,
mentre il mais ormai alto
racconta storie
di quando, bambini, felice
lui ci nascondeva.

In testa ai filari di viti,
i roseti guardiani
non serve ormai più
che si immolino;
ma resisti Tu, intanto,
mia rosa di ottobre,
forse presto ce ne andremo
via insieme!

Ora penso a come
anche Tu mi sei giunta
addosso di colpo, come
un mare in tempesta,
e io – naufrago recidivo –
mi sono goduto dolce-folle
pensiero di stare,
dopo il naufragio,
da solo con te sopra un’isola
che noi, entrambi,
fin da quando bambini,
sappiamo non c’è …

 
 

 
 

PoetaMatusèl legge
AUTUNNALE FARNETICARE

 
 

 

Da “I Versi dell’Airone”
di Guido Comin PoetaMatusèl
© 2014 Albalibri Editore

 

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